27 marzo 2020

Garavelli: "Epidemia, difficile stabilire quando ci sarà il picco"

I numeri lievemente in calo dei contagiati da Covid19 degli ultimi giorni fanno ben sperare in una retrocessione della pandemia, ma in questo periodo di bombardamento informatico che spinge tanti ad improvvisarsi tuttologi, abbiamo voluto chiedere ad un noto infettivologo di fama internazionale come vanno interpretati e che cosa dobbiamo attenderci nelle prossime settimane.

Pietro Luigi Garavelli è direttore del reparto di malattie infettive all’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, ma è anche sindacalista e uomo di vasta e profonda cultura. “Non è possibile stabilire esattamente né quando ci sarà il picco né l’andamento della malattia-ci dice. Sicuramente possiamo pensare che il coronavirus infetterà circa il 70/80% delle persone. La maggior parte di loro saranno asintomatiche, una parte presenterà lievi sintomi, un’altra svilupperà la polmonite ed una minoranza, intorno al 2%, soccomberà soprattutto a causa di patologie pregresse”.

Come è noto, non esiste ancora né una cura ne’ un vaccino specifico anche se si sta cominciando a sperimentare un nuovo farmaco a Napoli e si stanno studiando gli effetti di una terapia giapponese con l’Avigan, rimedio che avrebbe un certo successo contro la malattia. Il dottor Garavelli, all’inizio della pandemia, a febbraio, stava già utilizzando con successo il Plaquenil, indicato per la cura dell’artrite reumatoide, che avrebbe la capacità di inibire la risposta eccessiva del sistema immunitario osservata in chi contrae il virus.

Questo farmaco-sottolinea Garavelli- non può essere somministrato a tutti e non si può autosomministrare ma deve essere un medico, eventualmente, a suggerirlo in base alla storico del paziente; noi abbiamo comunque riscontrato un certo margine di successo sui nostri pazienti”. Il dottore si auspica che, se tale farmaco verrà ritenuto valido a livello nazionale, possa essere prodotto anche in Italia, data l’enormità della richiesta. “Va specificato- aggiunge ancora il direttore dell’ospedale di Novara- che il farmaco va somministrato alle persone che mostrano i primi segni di malattia e non quando il virus è già penetrato nei polmoni”. Garavelli aggiunge che anche la vitamina C può essere utile in fatto di prevenzione e rinforzo del nostro sistema immunitario.

Da sindacalista impegnato a livello nazionale per la categoria da lui rappresentata, Garavelli non intende puntare il dito contro nessuno ma ritiene che la grave impreparazione del nostro sistema sanitario nazionale sia effetto di una malasanità decennale e soprattutto dei tagli e della riduzione, se non addirittura della chiusura dei reparti di malattie infettive di tante regioni italiane, compreso il Piemonte. Certo non è questo il momento delle polemiche: “Ora bisogna cercare di individuare i soggetti che hanno appena contratto il virus e di curarli possibilmente a casa per alleggerire i nostri ospedali e il lavoro degli operatori sanitari. A Novara comunque, a tempi di record, abbiamo riservato anche zone dedicate ai degenti destinati ad un lungo decorso post-virus”.

E, infatti, è proprio grazie all’intraprendenza dei singoli primari e direttori che si riesce, finora, a contenere la pandemia. “Sembra che ci sia una corrispondenza tra i focolai del virus e l’inquinamento- osserva ancora il virologo- ecco perché in Italia si sarebbe diffuso soprattutto in Lombardia o all’estero a Madrid, a Londra o a New York. La differenza dei dati, per esempio, rispetto alla Germania, nazione dove si è registrato il caso zero, è che in Italia noi abbiamo dichiarato tutti i casi risultati positivi mentre in Germania, a mio avviso, il motore economico ha predominato su altri fattori”.

La domanda da un milione di dollari riguarda l’origine di questo patogeno, visto che, secondo le teorie del complotto, sarebbe stato prodotto in laboratorio. “Non credo sia un’arma batteriologica in quanto non ha un alto livello di mortalità- ci dice. Il coronavirus sembrerebbe essere una tracimazione del virus dal pipistrello all’uomo e comunque, arrivando in Europa, esso ha già subito mutazioni rispetto al ceppo originario”. Difficile anche dire come si collocherà questa pandemia rispetto a quelle storiche come la spagnola del 1917 o l’asiatica del 1968: “Sicuramente- conclude Garavelli- ci ha trovato impreparati e deve far ripensare, almeno nel caso dell’Italia, ad una riforma radicale del nostro sistema sanitario nazionale”.

Intervista di Sagida Syed