La prima udienza pubblica di Papa Leone XIV è stata ai giornalisti. Questo lunedì mattina, infatti, il Santo Padre, in un’aula Paolo VI gremita da più di 5000 persone, ha incontrato i rappresentanti dei media accreditati in Vaticano alle Esequie di Papa Francesco, al Conclave e all’inizio del ministero petrino del primo papa statunitense. “Vi ringrazio per il lavoro che avete fatto e state facendo in questo tempo, che per la Chiesa è essenzialmente un tempo di Grazia” ha detto subito Papa Leone XIV.
Il Santo Padre, come quando si è affacciato dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana per la prima benedizione urbi et orbi, si è mostrato in tutta la sua genuinità, a tratti commosso per l’accoglienza ricevuta (al suo arrivo è stato salutato con una standing ovation), con una fede autentica e dirompente e possiamo dire che ha riassunto il suo “programma politico”, se così si può definire: la pace. Quella pace che non è uno slogan ma che è tanto predicata da Sant’Agostino, dal cui ordine proviene, appunto, Papa Leone XIV.
“La pace comincia da ognuno di noi - ha detto il Pontefice -: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: «Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi»”.
Ed è questo il compito dei media: cercare di diffondere la pace, anche andando controcorrente. I giornalisti, infatti, per il Santo Padre sono i protagonisti di una delle beatitudini del “Discorso della Montagna”: quella degli operatori di pace. È beatitudine “che ci sfida tutti - ha continuato - e che vi riguarda da vicino, chiamando ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all’intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali”.
Infine ha voluto ringraziare i giornalisti “per raccontare la Chiesa, la sua varietà e, insieme, la sua unità. Avete accompagnato i riti della Settimana Santa; avete poi raccontato il dolore per la morte di Papa Francesco, avvenuta però nella luce della Pasqua. Quella stessa fede pasquale ci ha introdotti nello spirito del Conclave, che vi ha visti particolarmente impegnati in giornate faticose; e, anche in questa occasione, siete riusciti a narrare la bellezza dell'amore di Cristo che ci unisce tutti e ci fa essere un unico popolo, guidato dal Buon Pastore”.