12 maggio 2020

Novi Ligure. L'indirizzo Classico del liceo Amaldi raddoppia le sezioni

Per il nuovo anno scolastico torneranno, dopo quasi dieci anni, due sezioni di Classico al Liceo “E. Amaldi” di Novi Ligure, un risultato accolto con grande compiacimento dalla Scuola e dal suo Dirigente, che conferma, a suo dire, il valore formativo attribuito agli studi classici nel Novese. Ne abbiamo chiesto alla professoressa Lucina Alice, insegnante di Lettere classiche e fiduciaria della sede di viale Saffi del Liceo.

— Allora, Professoressa: contenta del risultato raggiunto?
L’esito delle azioni degli uomini, ammonisce Demostene, è nelle mani degli dei, ma le scelte che compiamo per giungere a quegli esiti sono invece tutte nelle nostre mani. Ci sono però alcune particolari congiunture in cui progetti terreni e celesti finiscono per coincidere, ci piace pensare per la loro innegabile bontà e lungimiranza.

— Solo una congiuntura, allora?
Certo che no. Questo era nei nostri desideri, da subito e sempre. A muoverci non una questione di prestigio (che certo non ci dispiace), né tanto meno puramente di numeri (che comunque non sono irrilevanti nell’economia di un Istituto) ma una fede autentica e profonda, ostinata anche, nella attualità del Classico.

— Ci spieghi meglio...
Per “attualità” non intendo banalmente la “spendibilità” nel mondo contemporaneo: questo sarebbe l’ennesimo cedimento alla dittatura dell’Utile, a cui più nessuno oggi sembra né capace né desideroso di sottrarsi. La modernità dello studio di lingue antiche sta tutta nel misurarsi quotidianamente con la malinconia del traduttore, con la nostalgia di un desiderio inappagato, con la frustrazione, che nasce dalla perenne tensione verso qualcosa di irrimediabilmente lontano e quindi irraggiungibile. Chi si scontra con la consapevolezza che, insegna Virginia Woolf, è vano e sciocco dire di sapere il greco (e il latino), matura però un possesso perenne: la capacità di comprendere.

— Bene, ci vuole aiutare ancora a comprendere?
Edgar Morin ci spiega che cosa veramente questa parola significa. “Comprendere è comprendere le motivazioni, situare nel contesto e nel complesso. Comprendere non è spiegare tutto. La conoscenza complessa riconosce sempre un residuo inesplicabile. Comprendere non è comprendere tutto, è anche riconoscere che c’è dell’incomprensibile.” E questo vale, e vale molto, se non tutto, non solo sul piano conoscitivo, perché si traduce anche inevitabilmente in un continuo desiderio di apprendere; ha delle importanti conseguenze anche sul piano etico: “La comprensione ci conduce all’attitudine al perdono e alla magnanimità”, al riconoscimento della qualità umana che sta nell’altro da noi, al di là delle sue parole e azioni.

— E in tutto questo che ruolo gioca il Classico?
E' appunto il luogo dove, con l'insegnamento delle lingue classiche, si educa al comprendere e all'incertezza. L’educazione all’incertezza dunque e alle reciproche comprensioni sembra essere ciò di cui da sempre gli uomini, che di uomini vogliono fare il mestiere, hanno avuto e continuano ad avere bisogno, come peraltro la nostra dolorosa storia più recente sembra averci ancora una volta insegnato.

— Torniamo ai fatti. Lei attribuisce il merito del recente risultato anche a qualche scelta della Scuola?
In tutto questo naturalmente hanno giocato un ruolo fondamentale l’unità di intenti e la condivisione dei gesti che hanno contraddistinto l'”Amaldi”. I grandi risultati non possono che essere il frutto di un lavoro di squadra, che sa, in omaggio al suo nome, “fare quadrato” intorno a ciò che vuole difendere, per portarlo nel mondo e al mondo.